sabato 7 gennaio 2023

Esemplare


(occhio alle date, ripubblico un testo "in nuce" del 2004 ripreso nel 2019 per la morte di Enzo Baldoni)

 agosto 31, 2019

Questa mattina Nerina e Riccardo, su Facebook, ricordano "Il 26 agosto di 15 anni fa quando moriva #EnzoBaldoni — la rete, allora, era qualcosa di diverso. C’era molto amore dentro, e senso di scoperta. La morte di Baldoni fu un dolore grande, è molto smarrimento intorno. Ogni anno, a fine agosto, ricordo lo stupore attonito mio e di Riccardo al rapimento e poi alla morte. Per noi, Baldoni, sopratutto, era uno straordinario e raffinato traduttore. Dal fumetto era nata la scoperta— ci mancano il sorriso e modi come i suoi. Il mondo è proprio un altro...




Nella posta telematica del mattino, quella che agli insonni come me capita di predisporre per gli amici, rintraccio la parola "esemplare". Anche quelli sono amici: sono quelli di "una parola al giorno.it", Giorgio Moretti e Massimo (e Lucia Masetti, Salvatore Congiu, Mauro Aresu e altri collaboratori).  "Non siamo un dizionario - dicono - il nostro intento è di pura condivisione divulgativa". Dunque sono amici, solo che non ci conosciamo.
La parola di oggi è "esemplare". Poteva essere "vice-premier", "coglione", "ignorantissimo", "iperleghista", "raccontapalle", "faccia di culo", etc. E invece è "esemplare": è un palese caso di "serendipity". Loro, per gli anglicismi, avrebbero consultato la bravissima Eleonora Mamusa, ma -taglio corto - abbonatemi un "colpo di culo quando trovi senza cercare": il senso più o meno dovrebbe essere questo.


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e-sem-plà-re
Esemplare

SIGN. Che può servire da esempio; rappresentativo, emblematico; che ricopre un ruolo in maniera eccellente; animale, vegetale o minerale tipico del proprio genere; ciascun elemento di una serie di oggetti; come verbo, trascrivere, comporre ispirandosi a un modello

voci dotte recuperate dal latino exemplar (sostantivo) exemplaris (aggettivo) ed exemplare (verbo), derivate di exemplum 'esempio', che è dal verbo eximere 'mettere da parte', derivato di emere 'acquistare' e da un ex- che indica un tirare fuori.

Le parole che si usano con la maggiore facilità nascondono spesso alcune doppiezze sorprendenti. Nell'esemplare, ad esempio (!), troviamo una meravigliosa coesistenza di ordinario e di straordinario: è un'enantiosemia? Vediamo.

Di base l'esemplare (non una sola parola ma diverse, con valore di aggettivo o sostantivo, ma guardiamo il nocciolo comune) è ciò che può servire da modello, da esempio. Facciamo notare come il collega abbia avuto una prontezza esemplare durante il momento di crisi, il giornale raccoglie storie esemplari di imprenditoria d'avanguardia. Bene, facile.

Ma l'esempio non è solo un modello ideale edificante (o un monito terrificante, pensiamo alla punizione esemplare): può anche essere rappresentativo, emblematico del reale ordinario. Ad esempio ti posso raccontare una storia sull'ospitalità che è esemplare di un certo paese in cui ho viaggiato, o di un caso esemplare di problema burocratico da eliminare. Così l'esemplare-sostantivo ci si presenta come un elemento chiaramente rappresentativo, tipico del suo genere — addirittura di una copia di una serie. Quindi ci imbattiamo in un magnifico cerambice della quercia, e questo francobollo è stato stampato in pochissimi esemplari. Qui non stiamo parlando di modello straordinariamente desiderabile o esecrabile, ma letteralmente di un modello di prodotto (artificiale o naturale: biologico, geologico, artistico e via dicendo).

A seconda del modello che implicitamente o esplicitamente si considera — reale o ideale — l'esemplare oscilla fra l'ordinario e lo straordinario. Il che ci porta a situazioni paradossali, in cui 'uno studente esemplare' e 'un esemplare di studente' ce li figuriamo subito con qualità opposte rispetto allo stesso ruolo, opposte come sanno essere il medio e l'eccellente, e questo vale per il padre esemplare e l'esemplare di padre, e casi analoghi (peraltro la risonanza faunistica contribuisce a inselvatichire l'esemplare).

C'è anche un esemplare-verbo: in filologia, significa 'trascrivere'. Quindi si può parlare di un manoscritto esemplato sulla vulgata di un certo periodo, o di uno esemplato sull'originale autografo. Ma in generale diventa anche un comporre ispirandosi a un modello: il poeta cerca di esemplare una poesia su metri latini, la pittrice di esemplare un dipinto su uno stile art nouveau.

Tutti casi in cui dal grande mucchio della mente — in cui il reale e l'ideale si mescolano — si pescano e mettono religiosamente da parte esempi che, medi o eccellenti, concreti o ispiranti, usiamo per tentare di orientarci nel vero, nel giusto, nel bello.

Testo originale pubblicato su unaparolaalgiorno.it: https://unaparolaalgiorno.it/significato/E/esemplare

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L’ultimo “post” (vale a dire il contributo elettronicamente postato) di Enzo Baldoni, prima della partenza, è di sabato 24 luglio alle ore 02:53 (ora di Baghdad). Col post delle 10.38 del 13 Agosto gli amici pubblicitari ne ricorderanno la scomparsa sui principali quotidiani “Ma, a un certo punto, una luce: una bancarella illuminata, gente che sta mangiando, le fiamme del kebab. Voglio portarmi via questo pezzetto di vita che rompe il buio della città (…)”. Si tratta di una precisione temporale che preconizza il lutto. Di solito quando scriviamo qualcosa, ad esempio una lettera (ma se ne scrivono ancora?) tutt'al più annotiamo il giorno e il mese. Di rado l’anno, mai l’ora. La precisione, quand'è cartacea, è un disvalore che sa di maniacalità. Oppure appartiene alla letteratura di genere, quella delle perizie, dei bollettini medici e dei certificati di decesso. Un dettaglio che sa di dissezione e dunque di abiezione pornografica.
Nel web invece acquista un senso diverso. Tutto ha un prima e un dopo, tutto s’inanella, soprattutto nei blog e nei forum. Tutto è terribilmente cronologico. Possiamo navigare a ritroso, rivisitare tutte le pagine già visitate con una funzione hysteron proteron istituzionalizzata non solo dalla funzione “back” ma da un tasto presente in tutti i “browser” (vale a dire le interfacce di navigazione) chiamato semplicemente “cronologia”. Realizzazione concreta di una vecchia annotazione di Simone Weil:”fare della prima lettura un bastone da cieco. La lettura vera: seconda lettura”. Già prima dell’epoca telematica è il computer col suo tic tac silenzioso a dare linfa al tempo. Di ogni file posso sapere la data della creazione, quella dell’ultima modifica e quella dell’ultimo accesso. Sia i file sia le e-mail possono essere poi visualizzati per data, dunque anche in modo retrogrado, al fine rendere giustizia a quelle piccole icone annoiate che sussurrano “clicca su di me” e – quella a fianco – “clicca su di me”. Tanto “se ti rileggi, non ti troverai” scrive Joe Bousquet. Segno che le tue parole non hanno comunicato evidentemente l’impressione di cui ti liberavano. O forse prova provata che scripta volant, giacché il soggetto del discorso e quello della scrittura non coincidono. Cosa che fornisce un certo ancoramento non solo all’uso dei nickname e degli allonimi ma pure rappresenta il sintomo di una incarnata difficoltà: quella a dire io - come diceva Gadda - il più lurido dei pronomi. Infatti quello scritto “postato” alle 02.53, come tutti gli altri della sua corrispondenza dall’Iraq, non è proprio di Baldoni. E’ di Zonker, il nickname, il “nom de plume”, insomma l’eteronimo fumettaro di Enzo G. Baldoni. Lo si rintraccia in Blogdhad (un gioco di parole tra “blog”, che di solito è una specie di sito personale aperto ai commenti degli amici visitatori, di fatto un blob telematico, e “Baghdad”), all’indirizzo http://bloghdad.splinder.com
Non guasta riproporlo integralmente. Il titolo - “La terra, il tepore, la morte” – come suol dirsi è eloquente.

“E' tornato. E' tornato il momento di partire.
Da un po' di tempo la solita vocina insistente tra la panza e la coratella mi ripeteva: "Baghdad! Baghdad! Baghdad!". Ho dovuto cedere.
Come sempre, quando si prepara un viaggio importante, cominciano a grandinare le coincidenze. E chissà quanto sono segni e quanto le provochiamo noi.
Ancora una volta, prima di una partenza, mi sono sdraiato sotto le stelle, nella Romagna dei miei nonni e della mia infanzia, in cima a Monte Bora, sulla terra notturna ancora calda del sole di luglio.
La terra, sotto, mi riscaldava il corpo. La brezza, sopra, lo rinfrescava.
Lucciole, profumo di fieno tagliato, il canto di milioni di grilli.
E' qui che da piccolo studiavo spagnolo su un libro trovato in soffitta. E' qui, davanti a un piatto di tagliatelle, che tre anni fa si è fatta sentire la solita vocina che ripeteva: "Colombia, Colombia, Colombia!" Si è parlato molto di morte in questi giorni: della morte serena di Zio Carlo, filosofo e yogi, che forse sapeva la data del suo trapasso. Guardando il cielo stellato ho pensato che magari morirò anch'io in Mesopotamia, e che non me ne importa un baffo, tutto fa parte di un gigantesco divertente minestrone cosmico, e tanto vale affidarsi al vento, a questa brezza fresca da occidente e al tepore della Terra che mi riscalda il culo. L'indispensabile culo che, finora, mi ha sempre accompagnato”.

A chi l’Iraq invece lo aveva nella testa e nella pancia (Baldoni avrebbe scritto “panza”) ma i cui viaggi erano immancabilmente mentali - “acquasottoilponte” studente del corso di laurea in Filosofie e Scienze della Comunicazione e della Conoscenza – capita di mancare l’appuntamento telematico. Un post pomeridiano e una e-mail notturna di un tale Cangiullo (nick name che si fa schermo di un futurista napoletano) lo spronava a cambiare lo pseudonimo, a ribaltarlo in acquasoprailponte. “ Inserito alle ore 15.25 del 07-12-2003: ”(…) Sali sopra il ponte, camerata. Acqua, cambia il nome di Nicola! E' un ordine, H2O ! Acquasottoilponte è passatista. Acquasoprailponte è futurista. Eseguire, sbrigarsi, essere veloci anche da fermi”.
Un tentativo di aggancio tardivo. Quella notte “acqua” non è rientrato a casa. Di lui restano i suoi poetici interventi “digitali” nei forum legati a quel corso di laurea che lo appassionava, la sua idea di “pubblicare i pensieri, le parole che ci portiamo dentro”, così cifrando forse lo specifico della scrittura nel web così compromessa con l’oralità, una scrittura che è un parlare.

C’è un altro caso che mi tocca di persona e che mi spinge a qualche riflessione: “Condor33” un signore di 70 anni che abitava da solo circondato da tre televisori e da una stazione multimediale con web cam sempre accesa. Quando lo abbiamo ritrovato morto (la data era facilmente deducibile – con più precisione della scientifica - dall’ultimo ICQ, un software che ti informa in qualsiasi momento su chi si trova online permettendoti di contattarlo) ho chiesto al poliziotto di poter inviare un messaggio al suo amico forse ancora in linea: sono un vicino di casa di V.(Condor 33), non so come dirglielo ma V. non c’è più. Ho scoperto in seguito che il suo amico in ascolto, il suo migliore amico, era di Milano e che non aveva mai conosciuto di persona il suo “corrispondente” cosentino. Non potrei dire “de visu” giacché si scambiavano foto e avevano appuntamenti quotidiani in videoconferenza. Testi elettronici, foto digitali, che fine farà il suo sito, il suo blog?
Agli umani, che evidentemente proprio macchine non sono (si veda in tal senso Giorgio Israel, Il Giardino dei Noci. Incubi postmoderni e tirannia della tecnoscienza, Napoli, CUEN, 1998), si richiede di fare i conti con il o la (a questo punto non saprei) digitale purpurea: “una spiga di fiori, anzi di dita / spruzzolate di sanguedita umane”.
Il web cambia il senso della morte nella nostra epoca. E non perché sia in diretta. Ciò che punge è la sua precisione nella documentabilità. Dalle nostre parti questo dato convive con l’indifferenza e con l’isolamento di epoca arcaica. E’ ancora recente il rinvenimento, in un paese a 10 chilometri da Cosenza, di un vecchio a tre o forse quattro giorni dalla morte.

  Il web cambia soprattutto il senso dell’ospitalità. Le comunità telematiche finiscono col rappresentare la seconda casa – e a volte la prima – dei senza comunità. Questo succede perché il tempo abitato dagli uomini ha una natura etica e logica. Non può essere solo cronologico. Una sua tripartizione funzionale ancora utile (quella di Jacques Lacan che definire psicanalista è un po’ poco) scandisce così: istante di vedere, tempo per comprendere, momento per concludere. Fine delle trasmissioni.

Massimo, agosto 2004
in "Tempi digitali", inedito, un assaggio qui appresso
https://onebookshow.blogspot.com/2019/08/tempi-digitali.html

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A blog unificati


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domenica 18 novembre 2018

Ahi!

frammenti di un discorso amoroso


segnalazione di Demetrio Grandinetti

martedì 25 giugno 2013

Chira cosa tuttappo'

L'avventura dell'assessore Marina Machì termina qui.
Di seguito due letterine, la prima è dell'amico Paolo Guzzanti, la seconda di Massimo Celani (nella scomoda veste di marito dell'assessore)


Cara Marina,
sono molto contento di leggerti e più ancora di vederti a settembre all'Aria Rossa con Giosi Mancini e alcuni malnati-malcapitati che condivisero con me la cayenna folle del Giornale di Calabria nel biennio 1973-75, cioè prima che mi chiamasse Scalfari alla nascitura Repubblica. Naturalmente ti seguo attraverso gli intensi e appassionati racconti di tuo padre e ho visto la foto della tua fantastica bimba. 
Hai fatto e stai facendo un gran lavoro e capisco quello che stai passando con la politica partitocratica quando prevale sulla politica per i cittadini.  (...)
Ho dato una scorsa ai tuoi link, molto belli e divertenti e didattici. L'idea di rieducare, o educare la Calabria è monumentale e assurda nella sua generosità, ma anche vittoriosa finché dura. Mi sembra che ti vogliano far fuori come elemento non omogeneo.
Bene, ora corro a portare a scuola i miei bambini piccoli (...)
Intanto un abbraccio e a prestissimo.
Paolo


Cara Marina,
il tuo vicino di casa, quando eri a Trieste, Claudio Magris, che ho leggiucchiato grazie a te, nel primo capitolo di "Microcosmi", ad un certo momento si mette a parlare del "Segreto" di Giorgio Voghera, ove "(...) celebra le virtù inutili di un universo impiegatizio, metodica precisione e assiduità dedicate al nulla, descrive il processo di antiselezione etica che porta inevitabilmente i peggiori sul ponte di comando della società e della storia, (...)”.

Situerei sullo stesso asse il commento di Enzo Gentile pervenuto su Facebook: “Che dire, se non che quando scegli di essere un assessore fuori dal comune, c'è sempre qualche idiota che ti prende alla lettera”. Enzo è capace di guizzi di superbo umorismo, e anche di qualche decostruzione in cui la letteralità annienta un metaforico abusato. Potrò forse astenermi da un inutile saggio sulla catacresi.

Che dici, si è fatta l'una: calo la pasta?
Massimo